La vigilanza di una gru a S. Angelo Limosano
Franco Valente
S. Angelo Limosano per molti studiosi è il luogo fisico dove nacque Pietro Angelerio, poi divenuto papa con il nome di Celestino V. L’ipotesi è fondata, ma difficile da dimostrare definitivamente. Certamente della S. Angelo dei tempi di Pietro Angelerio rimane poco, anche se l’impianto urbano è quello di epoca normanna.
Del castello non rimane segno evidente della sua forma antica perché più volte trasformato nel tempo. Anche i pochi segni araldici di quei feudatari che vollero lasciare traccia del loro passaggio sono scomparsi, tuttavia qualcosa rimane.
Qualche tempo fa, segnalatami da Luigi Sansone, fotografai una pietra erratica ora murata alle spalle della facciata del palazzo baronale che conserva il nome dei de Attellis, una delle ultime famiglie che fu feudataria di S. Angelo Limosano.
E’ la riproduzione, piuttosto rozza, di un volatile acquatico visto di profilo poggiante su una zampa sola mentre l’altra è sollevata. La particolare condizione di degrado del bassorilievo non permetteva di capire cosa volesse rappresentare, anche se notoriamente era il blasone seicentesco della famiglia de Attellis.
Ora la possibilità di osservare l’immagine fotografica di uno stemma non più esistente sul luogo perché prelevato per essere diversamente conservato permette di dare qualche ulteriore contributo per capire il significato di quell’uccello.
Quello che rimane dell’insegna araldica, pesantemente menomata per la scomparsa della parte inferiore e di un pezzo di quella laterale, è uno scudo ovale con cornice fitomorfica molto semplice sormontata da una corona baronale decorata da una fascia di ovali collegati da una linea continua che ne segue il contorno.
Nella parte centrale una rozza epigrafe riconduce la sua realizzazione al tempo di Orazio de Attellis che fu titolare del feudo subito dopo il 1650 avendolo acquistato da Giuseppe Ferri, barone di Lupara.
Vi si legge
D.O.M.
V.I.D.D. de ACTELLIS
HORATIVS IVNIOR
I.N. …………
Le lettere iniziali, prima del nome del titolare, dovrebbero essere interpretate, sia pure parzialmente, come Deo Optimo Maximo – Vir Inlustris Dominus …. Quello che rimane delle altre lettere non è sufficiente per capirne il significato.
Questo stemma erratico è stato fortunatamente recuperato e, dopo varie peripezie, donato al Comune di S. Angelo perché venisse collocato a lato dell’ingresso del Municipio.
Purtroppo un’opera di ripulitura, che io considero scellerata, ne ha cancellato definitivamente l’epigrafe e solo l’immagine antica ci aiuta a capire il suo significato.
Invece il profilo dell’uccello acquatico ci fornisce qualche elemento in più rispetto alla pietra anonima già citata. La zampa sollevata, infatti, regge una pietra.
Dunque il volatile ha un significato simbolico particolare e la pietra nella zampa rappresenta la soluzione al problema interpretativo.
Per comprendere quale sia il senso dell’immagine basta spostarsi nel castello di Gambatesa dove, esattamente un secolo prima, Donato De Cubertino aveva eseguito un ciclo di affreschi che contiene una grande quantità di rappresentazioni dall’evidente significato simbolico.
Tra esse una veduta di Roma che presenta in primo piano due gru. Quella di sinistra tiene la zampa sollevata nell’atto di trattenere una pietra. La presenza delle gru non avrebbe significato se non si legasse a quello della vigilanza ed in particolare a quello del capitano che vigila contro le insidie dei nemici. Mentre le gru dormono mettendo la testa sotto l’ala, secondo una leggenda, una di esse rimane sveglia trattenendo con la zampa sollevata una pietra che, in caso di pericolo, viene lasciata cadere per svegliare le compagne: E le Grue insegnano, che si deve star vigilante in guardia di se medesimo, & della propria vita; perché, come si racconta da molti, quando vanno insieme per riposarsi sicuramente, si aiutano in questo modo, che tenendo una di esse un sasso col piede raccolto, l’altre, fin che il sasso non cade, son sicure di essere custodite per la vigilanza delle compagne, & cadendo, che non avviene se non nel dormire di dette guardie, che al rumore si destano, & se ne fuggono via (C. Ripa, Iconologia, Padova 1618, edizione P. Buscaroli, vol. II, Torino 1986, p. 231).
Orazio, come ricorda Giambattista Masciotta, fu dottore di leggi. Era figlio di Pompeo e nipote di Cesare de Attellis assassinato a Roma nel 1586 per mandato di una delle due fazioni in cui Campobasso era divisa. Orazio mori il 22 gennaio 1671.
Anche nello stemma dell’Università di Guardia Regia si vede il simbolo della vigilanza che è la gru coronata che regge nella zampa sollevata il sasso. Ovviamente la corona richiama la circostanza della condizione demaniale (regia) di un nucleo che controlla un territorio (guardia).
La gru coronata con il sasso nella zampa è anche nello stemma di Guardia Sanframondi (Benevento), appoggiata sulla torre civica.
Sempre molto piacevole e istruttivo renderti visita.
Buona Pasqua
Giovanni
Franco con stima ti suggerisco di lasciar perdere la politica e di dedicarti esclusivamente alla tua professione